Certificato penale per chi opera a contatto diretto con minori

Il DLgs. 4 marzo 2014 n. 39, attuativo della Direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, prevede, tra le diverse disposizioni, anche l’introduzione dell’art 25-bis nel D.P.R. n. 313/2002 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti“) secondo cui, il datore di lavoro che intende assumere una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, deve richiedere il certificato penale del casellario giudiziale del medesimo, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei seguenti reati:

– art. 600-bis (“prostituzione minorile”);

– art. 600-ter (“pornografia minorile”);

– art. 600-quater (“detenzione di materiale pedo-pornografico”);

art. 600-quinquies (“iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile”);

art. 609-undecies c.p.,

ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.

L’eventuale violazione di tale obbligo comporterà, per il datore di lavoro, l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria avente un importo variabile da 10.000 a 15.000 euro.

Con la Circolare del 3 aprile 2014, il Ministero della Giustizia ha avuto modo di chiarire due aspetti fondamentali dell’obbligo anzidetto:

  1. tale obbligo si applica ai soli rapporti di lavoro instaurati a partire dalla data di entrata in vigore della norma, quindi l’obbligo non si applica ai rapporti di lavoro già in corso alla data del 6 aprile 2014;

  2. l’onere di richiedere il certificato penale all’ufficio del casellario giudiziale è in capo al datore di lavoro, che a tal proposito dovrà farsi rilasciare dal lavoratore apposito consenso.

Secondo quanto chiarito dal Ministero della giustizia non sussiste l’obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale in capo agli enti e associazioni di volontariato che intendano avvalersi dell’opera di volontari; costoro, infatti esplicano un’attività che, all’evidenza, resta estranea ai confini del rapporto di lavoro. Analogamente, stante il tenore letterale di quanto affermato dal Ministero della Giustizia, dovrebbero ritenersi esclusi dall’obbligo in argomento anche i rapporti di tirocinio che, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lett. d) della Legge n. 196/1997, non costituiscono un rapporto di lavoro.

Inoltre il Coni, con propria Circolare del 2 aprile 2014 ha affermato che tale disposizione non si applica a coloro i quali percepiscono i compensi di cui all’articolo 67 comma 1 lettera m) del TUIR (compensi cd. “sportivi”).

Il medesimo Ministero ha avuto modo di precisare che “Per l’ipotesi in cui il datore di lavoro sia privato, nelle more dell’acquisizione del certificato del casellario, sempre che puntualmente richiesto, si ritiene che si possa procedere all’assunzione in forza di una dichiarazione del lavoratore sostitutiva dell’atto di notorietà, avente il medesimo contenuto della dichiarazione sostitutiva di certificazione, eventualmente da far valere nei confronti dell’organo pubblico accertatore la regolarità della formazione del rapporto di lavoro“.

I costi del certificato sono quelli attualmente previsti dalla legge per il rilascio all’interessato, salvi i casi di esenzione dal bollo previsti dal DPR 642/72, tabella allegato B (cioè i certificati richiesti da Onlus, Federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni).

Il certificato in parola, inoltre, ha una durata di 6 mesi.

FINE